L’orientalismo è una moda che coinvolge il mondo occidentale fin da quando, in cerca di fortuna, qualcuno si spinse verso altri continenti, o tornò in luoghi di cui erano rimaste solo leggende. Per diversi secoli ha toccato un po’ tutte le arti e le mode, finché, con l’arrivo del cinema, è diventato un mondo fantastico alla portata di tutti.
Il grande cinema, ma soprattutto quello di serie B, ha sempre pescato a piene mani nelle fiabe, nelle storie di ogni genere. E più erano portentose e legate a mondi lontani favoleggiati, più sono state amate. Il cinema è il concretarsi dell’immaginazione, è la realizzazione del sogno. Comunque cambi la società, comunque guardiamo le immagini che si muovono, in una sala buia o su un cellulare, il mondo della fantasia, l’oriente delle fiabe, dunque la voglia di orientalismo, tornano prepotentemente a galla e accarezzano la nostra mente per creare spazi di appagamento nella nostra memoria.
Orientwood è un titolo provocatorio per questo lavoro, nato durante gli anni di lezioni dedicate all’argomento cinema e oriente, ovvero, come vediamo e come vogliamo vedere gli altri attraverso la favola cinematografica. E la scuola di Hollywood ci ha abituato con cura a inventarci la storia e la vita di mondi lontani per definizione: dalle Indie allo spazio profondo…